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l'archivio di fonti orali

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"io dico che ho fatto la guerra".
(storie sulla) disabilità come bene comune

"Io dico che ho fatto la guerra.".

Così ci ha raccontato la madre di un figlio con sindrome di down, durante una delle tante iniziative volte a costruire il nostro Archivio di Fonti Orali.

E questa frase ci ha fatto capire ancor di più della necessità che queste storie – le storie di chi vive e ha vissuto la disabilità in prima persona – hanno di uscire fuori da una dimensione esclusivamente privata, domestica, per arrivare ad essere raccontate, ascoltate e condivise.

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Per far sì che la memoria di queste storie diventi un bene comune, da conservare, da tramandare, perché anche se ci raccontano storie non facili da ascoltare, sono storie che appartengono alla nostra storia, e fanno parte della nostra memoria collettiva, al di là delle loro singole individuali varianti. E se la stessa mamma che ci racconta di aver fatto la guerra ci racconta, ancora oggi, di litigate al supermercato perché ‘guardano’ il figlio, vuol dire che la guerra, lei, la sta ancora facendo, e allora bisogna scegliere da che parte stare.”

Stefano Onnis , dal blog disabilitàbenecomune.blogspot.it

 

La nostra proposta: come Museo vogliamo istituire una giornata sulle “storie sulla disabilità come bene comune” come momento di riflessione e di condivisione. Per arrivare a questo stiamo organizzando diverse iniziative volte a coinvolgere il quartiere in cui ci troviamo, le diverse realtà che lo caratterizzano e ovviamente anche altre associazioni legate alla disabilità.

Il progetto è l’ideale prosecuzione della prima giornata che abbiamo dedicato al tema, nel giugno del 2012, a seguito della pubblicazione del libro “A fuoco lento. Storie di ordinaria disabilità, ricette per l’inclusione sociale”, ed. Altreconomia, in collaborazione con Solidarius Italia.

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l'archivio

Un patrimonio immateriale composto da storie e narrazioni di chi vive la disabilità in prima persona

 

Molti ci chiedono: ma un museo dello sguardo sulla disabilità cosa va ad esporre, cosa mette in mostra ai suoi visitatori? Durante il percorso museale non troverete ovviamente quadri, vasi o monili antichi, ma un patrimonio immateriale composto da storie e narrazioni di chi vive la disabilità in prima persona, come utente o come familiare, o di chi la vive come professionista, in qualità di operatore o di dirigente dei servizi.

Queste fonti orali – raccolte da due antropologi attraverso interviste ed etnografie sul campo – sono parte di un progetto di ricerca che ha l’obiettivo di realizzare un sempre più cospicuo Archivio di fonti orali sulla disabilità, dove vadano a confluire i diversi punti di vista, le complessità delle esperienze, le relazioni costruite e quelle mancate, i paradossi dei servizi alla persona, le ingiustizie vissute e i successi raggiunti.

 

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Le fonti orali, assieme alle etnografie prodotte dagli stessi ricercatori e altri documenti scritti (articoli di giornale, romanzi e racconti, saggi, documenti) – sono state selezionate e posizionate in ogni stanza con lo scopo di dare sponda e concretezza a tutte le suggestioni teoriche che emergono nel percorso guidato: alcune sono messe più in evidenza, altre sono più nascoste, e l’ospite/visitatore è invitato a ricercarle all’interno di un cassetto, in una credenza, tra le pagine di una rubrica telefonica.

Chi visita il Museo Bistrot è invitato a lasciare una sua testimonianza lungo il percorso, facendo sì che il materiale narrativo tenda a moltiplicarsi e che il progetto diventi un vero e proprio museo di narrazione in progress.

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Il progetto di ricerca è portato avanti da due antropologi dell’Associazione “Come un Albero” Onlus − Stefano Onnis e Francesca Pistone, dottori di ricerca in Etnoantropologia dell’Università “Sapienza” di Roma.

Le fonti fino a qui raccolte e quelle che verranno donate fanno parte anche dell’iniziativa

“(storie sulla) Disabilità come Bene comune”.

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